Sangue
sangue da per tutto, cosi tanto che lo Zingaro non capiva dove
finisse il suo e dove cominciasse quello dei suoi amici.
Razzo,
Zingaro, Piuma e Ciarro erano amici per la pelle, lo erano sempre
stati. Insieme condividevano una vita fatta di degrado e povertà. In
comune avevano anche un malsano hobby, l'abuso d'eroina. La loro vita
era scandita in simbiosi di tale vizio. La mattina si alzavano,
prendevano un treno a caso, e raggiungevano un supermercato dove
rubavano del cibo. Una volta riempiti gli zaini tornavano a casa dove
trovavano dei pensionati pronti a comprargli la refurtiva a prezzo di
saldo. Come dire, un triste commercio equosolidale. La loro misera e
degradante vita andava avanti cosi da anni ormai, finche un giorno lo
Zingaro busso a casa di Angelo Gargano, il suo spacciatore di
fiducia.
Ero
sudato sudato fradicio, la gente in torno a me nel autobus mi
guardava come un alieno, si domandavano come sia possibile sudare
cosi tanto a febbraio, beh loro non sapevano che ero in una piena
crisi d'astinenza, ma tutto ciò non importava più, mancava solo una
fermata a casa di Angelo.
Aperte
le porte mi fiondai fuori dall'autobus e in men che non si dica ero
davanti alla porta di quel figlio di troia. Non fu necessario
bussare, la porta era già aperta, li trovai Angelo con la testa
quasi staccata dal collo, non fosse altro che per un sottile lembo di
carne, la casa era a soqquadro.
Non
so dire se fui più disperato per la morte di quel cane, a cui in
fondo dopo anni di frequentazione mi ero affezionato, o per il fatto
che non potessi comprare niente. Andai nella più completa
disperazione, il bisogno di farmi era troppo forte, troppo. Stavo per
svenire. Un momento....... Sul tavolo vidi una striscia di coca, non
era molta ma bastò per farmi riacquistare lucidità. Presi il
telefono e chiamai i miei amici, uno su tutti volevo li in quel
momento, Razzo, lui era un grande amico di Luigi XVI, forse sapeva
anche dove nascondeva la roba.
Era
li proprio dove Razzo diceva che fosse, nel imbottitura della
poltrona, ma era tanta. troppa per uno spacciatorucolo da quattro
soldi. Piuma ne assaggio un pizzico.... Era pura. Ci guardammo negli
occhi avevamo 50 kg di coca pronta ad essere tagliata tutta per noi.
All'
improvviso arrivo una macchina, chi aveva iniziato il lavoro era
tornato a finirlo. Fortunatamente la porta di servizio era aperta,
uscimmo tutti con un paio di panette in mano, e montammo in macchina
di Ciarro, tutti tranne il Piuma, la sua obesità gli impediva di
correre ad una velocità decente, i sicari iniziarono a spare e
nonostante la distanza lo colpirono.
Nella
macchina si respirava l'odore acre del sangue del Piuma, la sua
ferita era brutta, molto brutta, prima di perdermi completamente
nella droga avevo studiato infermeria, e sapevo che da una ferita del
genere non si scampa. Ora cosa fare, polizia e ospedale era esclusi,
mi ricordai di avere una stanza in una gigantesca casa di montagna
posseduta dal mio tris nonno, e suddivisa nei decenni fra i mille
parenti. Il posto era perfetta perché disabitato ormai da anni, e
distava solo 20 minuti da dove eravamo.
Aprii
la porta, era come me la ricordavo, gigantesca, spettrale, con il
pavimento in un vecchio legno cigolante. Mettemmo il Piuma su una
poltrona, avevo fatto il possibile per tamponare la ferita ma dopo
poco la mietitrice lo chiamò a se.
Era
notte, un rumore assordante ci sveglio di soprassalto, c'è chi
giurava che fosse un grido d'aiuto. Il terrore mi entro nelle vene, il Razzo corse giù a
vedere (un coraggio che io mai avrei avuto), al suo ritorno la faccia
era sbiancata, il corpo del Piuma non c'era più.
Decidemmo
di perlustrare l'immensa villa, e ben presto ci trovammo dinanzi a
una stanza chiusa a chiave, o meglio chiusa ermeticamente. Non si
apri nemmeno dopo diverse poderose spallate del granitico Ciarro.
Qualcosa non andava al di là. Una voce flebile sembrava uscire, era
quella del Piuma che ci chiamava.
Non
può essere pensai, forse siamo in crisi d'astinenza, corremmo su e
sniffammo un po di coca, l'effetto fu tale che crollai in terra dopo
pochi minuti.
Aprii
gli occhi era quasi notte, Ciarro era accanto a me in un sonno
catatonico, è allora che lo vidi, un essere nero dal aspetto
mostruoso, aveva qualcosa in mano, era la testa del povero Razzo.
Emisi un urlo tale che feci saltare in aria Ciarro.
Corremmo
con tutte le nostre energie verso la porta, non si apri, o meglio non
poteva aprirsi visto che non aveva più la maniglia, era la fine.
Mentre
corsi verso la camera da letto, la rividi, la porta del piano di
mezzo, rispetto a prima non udivo nessuna voce, quando feci per
avvicinarmi mi accorsi che il pomello era strano, non era di metallo
era un gigantesco occhio che mi fissava.
Che
sia un sogno? Devo ammettere che lo pensai, in fondo avevo sniffato
fior fiori di cocaina pura, capaci di stende un elefante.
Io
e Ciarro ci guardammo negli occhi, l'unica speranza erano le
finestre, ma ben presto notammo che non c'erano più.
Allora
che apparve. Un essere mostruoso, disgustoso, completamente bruciato,
con gambe piegate busto tozzo e tronco, viso privo di peluria, occhi
privi di palpebre, bocca che formava un ghigno malefico.
Corsi,
corsi come mai avevo fatto prima, il pavimento non era più di legno
ma di una poltiglia rossa che ricordava il sangue, non mi girai, non
vidi mai più Ciarro vivo.
Ero
solo, impaurito come non mai, sul limite dell'isteria e del tracollo
psicofisico, quando risentii la voce del Piuma. Questa volta era
chiara, nitida, mi chiamava a se, io..... la seguii.
Arrivai
di fronte alla porta sigillata, questa volta era socchiusa, dal di
dentro emanava una luce accecante, usai tutta la mia forza per
aprirla, e vidi.
Ero
li sdraiato, o meglio era li quello che rimaneva di me, carbonizzato
e sfregiato, cosi come i due miei tristi compagni, tutti tranne il
Piuma, l'unico in piedi in un lago di lacrime. Vivo
Ricordai
tutto. Quel maledetto giorno il Piuma non c'era, fu il Razzo ad
essere colpito, ci eravamo illusi di averli seminati ma non fu cosi,
i nostri aguzzini aspettavano solo il momento giusto per colpire. Non
gli bastò riprende la merce. Non gli basto ucciderci. Legarono il
povero Cirro ad una sedia con davanti un grosso specchio, gli
strapparono via bocca, palpebre, naso, lingua e lo costrinsero a
vedere. Solo alla fine lo sgozzarono. Dopo venne il nostro turno.
Si
quelle che avete letto sono i ricordi di un morto