Buongiorno,
oggi vi parlerò di Frank, film indipendente diretto da Lenny
Abrahamson. Liberamente ispirato all'esperienza vissuta in prima
persona dal regista con Frank Sidebottom, alter ego del musicista e
comico britannico Chris Sievey. Presentato al Sundance Film Festival
2014.
Chi
può dirsi normale a questo mondo? La domanda viene spontanea quando
uno dei componenti definisce Frank, "l'uomo più sano di mente
che abbia mai conosciuto". Poco male se il suddetto vive
costantemente con una maschera di cartapesta in testa (a tavola,
giorno notte e docce comprese). Ma chi è questo Frank? Un musicista
indipendente dotato di grande talento, capace di trovare
l'illuminazione e la poesia anche in luoghi insperati (tipo il ciuffo più lungo
di un tappeto). A interpretare un personaggio cosi complesso viene
chiamato Michel Fassbender.
Incredibilmente l'essere continuamente
mascherato non lo limita anzi incanala il suo carisma e talento,
tirando fuori un interpretazione Cult. Non solo a livello recitativo
ma anche livello musicale. Michel non sembra un attore bravo a
cantare ma un vero e proprio cantautore.
BRANO INTERPRETATO DAL FASSBENDER
Fassbender
non è solo sulla scena ma accompagnato da un gruppo variopinto di
interpreti, tutti con le loro pazzie e frustrazioni. A loro si
aggiunge un tastierista trovato per caso Insieme a lui passo dopo
passo impareremo a conoscere la band chiamata Soronprfbs.
Quest'ultimo inizialmente sembrerà essere il componente più normale
e equilibrato. Ma poi le sue manie di protagonismo e l'ossessione per
il social prenderanno il sopravvento (velata denuncia all'uso
ossessivo d'Internet fatto oggi). E volgendo alla conclusione torna
in mente la prima domanda, chi può definirsi normale?
Film
del 2014 diretto da Christopher Nolan e interpretato da un cast
d'eccezione composto da Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica
Chastain, Casey Affleck, Michael Caine e Matt Damon.
Il
film parla di un gruppo di astronauti costretti a compiere un viaggio
spaziale verso l'ignoto per cercare un nuovo pianeta da colonizzare, visto che
la terra è afflitta da una piaga che impedisce quasi ogni coltura.
Lo
spettatore si troverà difronte a uno dei film più coraggiosi e
ambiziosi film degli ultimi anni. Da ammirare la casa di produzione, che
nonostante il nome di Nolan rappresenti una sicurezza al box office,
rischia ben 165 milioni di dollari in un opera incentrata su temi mal
digeribili dallo spettatore medio come viaggi spazio/temporali,
wormhole, buchi neri e teorie fisiche quantistiche varie.
Ma
come spesso succede nella fantascienza dietro il fantastico si cela
un viaggio nel animo umano. In questo mondo piegato dalla fame e dalla
disperazione i popoli hanno smesso di farsi la guerra (tutti gli
eserciti sono sciolti) e ritrovano uno spirito di sopravvivenza
ancestrale e arcaico. Persone che si credevano disposte a morire per
un bene comune, trovandosi dinanzi alla fatto compiuto realizzano di
essere disposti a tutto pur di sopravvivere.
Dal
punto di vista visivo sono rimasto ammaliato dai meravigliosi piani
sequenza, dove viene mostrato l'universo in tutta la sua magnificenza
(sarebbe stato meraviglioso vederlo in IMAX).
Il
cast non delude soprattutto il grande Matthew McConaughey, autore di
una prova sofferta e sentita, stupefacente la sua mimica facciale,
soprattutto quando il suo personaggio si trova difronte alla più
totale disperazione e rassegnazione, riuscendo a connettersi
empaticamente con lo spettatore. Brava anche la giovane
coprotagonista, la piccola Mackenzie Foy capace di rubare la scena a
attori ben più quotati.
Molti
hanno lamentato buchi e inesattezze strutturali della sceneggiatura.
Partendo dal fatto che stiamo pur sempre guardando di un film di
fantascienza, io ho trovato tutto plausibile (non a caso per scrivere la sceneggiatura i fratelli Nolan si sono avvalsi di un fisico quantistico, Kip Thorme). Mentre un paio di colpi
di scena a mio giudizio sono un po telefonati ma comunque funzionali
alla trama.
Concludo
consigliando questo film a tutti i fans di Nolan e agli appassionati
di viaggi spaziali. Soprattutto quest'ultimi avranno modo di
sentirsi come un bambino il giorno di natale, vedendo trasportate
sullo schermo tutte quelle teorie e nozioni lette fin'ora solo sui
libri.
Oggi
vi parlerò di The Judge, film del 2014 diretto da David Dobkin con
un cast stellare, composto da Robert Duvall, Robert Downey jr,
Vincent D'Onofrio, Billy Bob Thornton e Vera Farmiga.
La
sinossi ufficiale recita:
Hank
Palmer è un affermato avvocato difensore di criminali. Quando torna
nella piccola città d’origine per i funerali della madre, ad
attenderlo trova il padre Joseph, stimato e onesto giudice, e i suoi
due fratelli. Il rapporto con il padre è freddo e conflittuale, ma
quando l’uomo viene accusato di omicidio, Hank decide di restare e
aiutarlo difendendolo in tribunale. Il crimine di cui è accusato
riguarda un omicida che lui stesso aveva condannato vent’anni
prima. Il giudice non ricorda nulla e Hank è l’unico che crede
nella sua innocenza.
Partendo
da queste premesse lo spettatore crederà di trovarsi dinanzi a un
thriller giudiziario, niente di più sbagliato. In realtà il
processo passa in secondo piano davanti al dramma di un padre e di un
figlio che cercano di riallacciare un rapporto logorato da anni. Vi
farà riflette su quanto sia difficile il "mestiere" del
padre. E quanto sia complesso per un figlio comprendere atteggiamenti
all'apparenza duri e schivi, ma che in realtà sono dettati da un
amore viscerale verso la propria prole.
Indubbiamente
tutti noi ci rivedremmo nel rapporto conflittuale fra padre e figlio.
E magari penseremo a quanto poco abbiamo fatto per venire in contro a
chi nella propria vita ha come massima aspirazione la nostra
felicità.
Ho
apprezzato molto la forza di alcune scene (una nel bagno è molto
cruda, un vero e proprio pugno nello stomaco). Mentre ho apprezzato
un po meno l'aver tirato un po via le scene del processo, sicuramente
visto la lunghezza di per se importante dell'opera, gli autori
avranno preferito lavorare più nel comparto drammatico e meno sul
thriller. Però a mio giudizio sarebbero bastati 10 minuti in più di
processo per rendere tutto più appassionate.
Parlando
dell'interpretazioni ho gradito molto il sempre verde Robert Duvall,
bravo a portare sullo schermo un padre austero e autoritario e
Vincent D'Onofrio, qui in una parte inusuale, quella del figlio un po
succube e intimorito. E il protagonista?. Be la parte è stata
scritta appositamente per lui (non a caso produce il film insieme
alla moglie Susan Downey) però a mio giudizio visto la bravura e la
caratura dell'attore dovrebbe cercare di sperimentare di più. Anche
in questo film si trova a interpretare (come in Iron Man e Sherlock
Holmes) la parte del brillante t***a di c***o dal cuore d'oro, per
l'amor di Dio Robert è fenomenale, però il rischio è che lo
spettatore si stufi di vederlo sempre negli stessi panni.
Chiudo
augurandovi buona visione dal vostro S. Tripaldi